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Per medici e infermieri depressione e il pensiero del suicidio tra super lavoro, bullismo e violenze

Professione Redazione DottNet | 10/10/2025 14:07

Secondo un maxi sondaggio dell’Oms Europa i sanitari in piena crisi da burnout e da condizioni di lavoro inaccettabili per la mancanza di investimenti dei Governi

Lavorare in ambito sanitario è una professione ad alto rischio, non solo per l'esposizione fisica ma anche per le conseguenze psicologiche. Medici e infermieri che subiscono violenze, operano sotto turni estenuanti — spesso notturni — e affrontano carichi di lavoro pesanti, mostrano livelli di depressione, ansia e pensieri suicidi nettamente superiori rispetto alla popolazione generale. Studi recenti dimostrano che medici e infermieri manifestano una prevalenza doppia di pensieri suicidari rispetto alla media.

Un problema strutturale in tutta Europa

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Secondo l'indagine MeND, promossa dall'OMS Europa, circa un terzo dei professionisti sanitari riferisce sintomi di depressione o ansia, mentre oltre 1 su 10 ha ammesso di aver avuto pensieri suicidi o autolesionistici. «I nostri sistemi sanitari sono forti solo quanto le persone che vi lavorano», ha dichiarato Hans Henri Kluge, direttore regionale dell'OMS per l’Europa. «È inaccettabile che chi si prende cura degli altri debba sopportare un tale carico emotivo e psicologico».

Il caso italiano

In Italia, il disagio tra gli operatori sanitari è persino più marcato rispetto alla media europea. Il 9,7% dei medici italiani ha espresso l’intenzione di lasciare la professione (contro il 9,1% della media UE), mentre tra gli infermieri il dato sale al 16,7% (rispetto al 15,4% europeo). Questo malessere si riflette anche nei punteggi generali di benessere: su una scala da 0 a 100, gli infermieri italiani si fermano a 48 (contro i 50 della media UE), mentre i medici si attestano a 51, in linea con la media. Nel dettaglio, i medici italiani riferiscono sintomi di ansia (25%) e depressione (25%), con il 14% che dichiara di aver avuto pensieri suicidi. La situazione degli infermieri è ancor più preoccupante: il 34% soffre di depressione (contro il 32% UE), il 26% di ansia (UE: 24%) e il 14% ha avuto pensieri suicidi (UE: 13%).

Le richieste all’Europa: cosa devono fare i governi

Secondo l’OMS, esistono soluzioni concrete per affrontare questa crisi. Tra queste, Kluge evidenzia la necessità di:

  • Adottare una tolleranza zero verso la violenza e le molestie nei luoghi di lavoro sanitari;

  • Riformare i modelli di turnazione, evitando straordinari che sfociano nello sfinimento;

  • Alleggerire i carichi di lavoro tramite assunzioni intelligenti e digitalizzazione (es. IA);

  • Garantire accesso a servizi di salute mentale riservati e non stigmatizzanti;

  • Rendere i dirigenti responsabili della creazione di ambienti lavorativi sicuri e solidali.

«Questa crisi della salute mentale non è solo un problema individuale, ma una minaccia alla sicurezza sanitaria di tutti», ha avvertito Kluge.

L'amore per la professione resta

Nonostante il contesto critico, la dedizione non manca: il 75% dei medici e il 66% degli infermieri europei continua a trovare significato nel proprio lavoro ed esprime un alto livello di soddisfazione professionale. Segno evidente che la passione non è mai venuta meno — ciò che manca è un sostegno adeguato per poter lavorare bene e in sicurezza.

I giovani medici: già stremati

Particolarmente allarmante è la condizione dei giovani in formazione. Mélanie Debarreix, specializzanda in radiologia in Francia, ha raccontato: «Siamo esausti fisicamente e mentalmente, e questo può portare a errori medici. Il 66% degli studenti di medicina francesi ha avuto almeno un episodio depressivo nell’ultimo anno e il 21% ha avuto pensieri suicidi — tre volte in più rispetto alla popolazione generale». Secondo Debarreix, il rispetto delle leggi sugli orari di lavoro e l’adeguato finanziamento del sistema sono il minimo necessario per proteggere la salute mentale degli studenti e dei futuri medici.

I costi della rinuncia

L’abbandono della professione sanitaria è un problema che colpisce tutto il sistema. In alcuni Paesi, tra l’11% e il 34% degli operatori sanitari ha pensato di lasciare il lavoro. Inoltre, fino al 40% di chi presenta sintomi depressivi ha usufruito di un congedo per malattia nell’ultimo anno. Questa fuga dalle corsie significa meno personale, più attese, qualità dell’assistenza ridotta e costi maggiori per la collettività.

Serve un cambio di paradigma

«Sebbene i problemi cambino da Paese a Paese — turni massacranti, violenze, contratti instabili — l’impatto sulla salute mentale è sempre lo stesso», afferma Natasha Azzopardi-Muscat, direttrice dei sistemi sanitari OMS Europa. «Misuriamo gli ospedali con letti e tassi di sopravvivenza, ma trascuriamo il benessere di chi ci lavora. Questo deve diventare un indicatore chiave, al pari della sicurezza dei pazienti».

Il rischio: quasi un milione di operatori in meno entro il 2030

Già nel 2022, l’OMS Europa aveva lanciato l’allarme con il rapporto "È ora di agire": senza interventi urgenti, entro il 2030 mancheranno circa 940.000 professionisti sanitari nel continente. Migliorare le condizioni di lavoro è fondamentale per ridurre le assenze, evitare abbandoni e attrarre nuovi talenti. Un sistema sanitario moderno deve essere preparato ai cambiamenti demografici e alle emergenze future.

Le sette azioni urgenti proposte dall’OMS

Per rispondere a questa crisi, l’OMS indica sette misure chiave, realizzabili riutilizzando risorse già disponibili:

  1. Tolleranza zero verso ogni forma di violenza;

  2. Maggiore prevedibilità e flessibilità dei turni;

  3. Gestione equa degli straordinari e promozione di una cultura positiva;

  4. Riduzione dei carichi eccessivi;

  5. Formazione e responsabilizzazione dei dirigenti;

  6. Accesso esteso e privo di stigma al supporto psicologico;

  7. Monitoraggio regolare del benessere dei lavoratori sanitari.

Kluge conclude con un appello accorato: «Con l’Europa sull’orlo di perdere quasi un milione di professionisti sanitari, non possiamo permettere che il burnout o la disperazione li portino via. Il loro benessere è il cuore di un’assistenza sicura e di qualità. Questo studio deve essere un campanello d’allarme: è il momento di agire».

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