Dal potenziamento dell’assistenza domiciliare alla pubblicazione obbligatoria dei tempi d’attesa per visite ed esami, fino a nuove regole per la libera professione dei medici e l’accesso ai farmaci innovativi
Sono 366 le proposte di modifica attualmente all’esame della Commissione Affari Sociali della Camera, tutte legate al disegno di legge sulle prestazioni sanitarie. Molti di questi emendamenti, presentati dalla maggioranza, puntano a riformare aspetti cruciali del sistema: dalla riduzione dei tempi d’attesa alla valorizzazione del personale, fino a interventi in ambito digitale, assistenza domiciliare e tutela dei pazienti oncologici e cronici.
Uno dei cambiamenti più significativi riguarda il sistema di prenotazione: ogni prescrizione medica sarà accompagnata da un codice identificativo e da una priorità automatica, per garantire maggiore tracciabilità. Inoltre, i tempi medi di attesa per visite ed esami saranno pubblicati online ogni tre mesi, con dati suddivisi per struttura, all’interno di un portale nazionale accessibile a tutti.
Per contrastare le disdette dell’ultimo minuto, spesso causa di “buchi” nell’agenda, si introduce un meccanismo di conferma obbligatoria: chi non si presenta senza giustificazione potrà incorrere in sanzioni. Le prestazioni sanitarie potranno essere erogate anche in farmacie e ambulatori dei medici di famiglia, semplificando l’accesso e sfruttando maggiormente le risorse digitali. Ampio spazio è dedicato all’assistenza sul territorio e a domicilio. Dal 2025 partirà una sperimentazione per la presa in carico attiva dei pazienti più fragili, mentre si rafforzeranno le cure domiciliari e le dimissioni protette, così da assicurare continuità terapeutica anche fuori dall’ospedale.
Nel disegno della nuova sanità, un ruolo chiave è riservato ai giovani medici specializzandi, che saranno valorizzati nei pronto soccorso, e al personale del 118, per cui si prevedono procedure semplificate di stabilizzazione. Viene inoltre eliminata la scadenza delle deroghe alle incompatibilità professionali introdotte durante la pandemia: ciò permetterà al personale del Servizio sanitario nazionale di esercitare attività private, purché compatibili e autorizzate. Novità importanti anche sul fronte oncologico. Per le pazienti colpite da tumore si prevedono nuovi diritti, come sostegni economici per affrontare gli effetti dei trattamenti, percorsi personalizzati di follow-up e l’accesso facilitato a terapie innovative, in particolare per forme gravi come il carcinoma ovarico platino-resistente. Sul tema della fertilità, ogni Regione dovrà istituire una banca dei gameti, in un’ottica di uniformità nazionale. Spazio infine a due settori in forte crescita ma finora poco regolamentati: la medicina estetica e la chirurgia plastica estetica privata. Solo chi possiede una formazione certificata potrà operare, a tutela della sicurezza dei pazienti.
Completano il pacchetto misure su farmaci innovativi, il potenziamento del bonus psicologo, iniziative per la prevenzione nei luoghi di lavoro e un forte impulso alla digitalizzazione inclusiva del sistema sanitario. Un disegno complesso, ma con un obiettivo chiaro: rimettere al centro il cittadino, rendendo il sistema più semplice, equo e trasparente.
È impietosa, secondo i sindacati ANAAO ASSOMED e CIMO-FESMED, l’analisi degli emendamenti presentati dalla maggioranza al Ddl Prestazioni sanitarie: per un’evidente incapacità di gestire il Servizio sanitario nazionale e di adottare le riforme necessarie al suo rilancio, il Governo sta vergognosamente appaltando la gestione degli ospedali a terzi.
- Si appaltano le prestazioni di Pronto soccorso ai gettonisti e alle cooperative, usciti dalla porta e rientrati dalla finestra, con tutte le criticità in termini di formazione, esperienza, compensi e rispetto della normativa sull’orario di lavoro già ampiamente denunciate e certificate dallo stesso Ministero della Salute.
- Si appaltano le prestazioni di specialistica ambulatoriale alle farmacie, snaturando il loro ruolo di presidi fondamentali per il territorio ma che non possono ambire a diventare dei piccoli ospedali.
- Si prevede l’introduzione dell’obbligo, per tutti gli specializzandi, di lavorare per un anno in Pronto soccorso durante il corso di formazione, esclusivamente per colmare i buchi di organico e senza tenere in alcun modo in considerazione le legittime aspirazioni dei medici. E in caso di straordinari degli specializzandi, ovviamente non viene stanziato nemmeno un euro per retribuirli, ma verrebbero pagati con i fondi già previsti, togliendo quindi risorse al personale strutturato.
E proprio sul tema delle risorse risicate viene proposto un emendamento - ritenuto inaccettabile dai due sindacati - che, come un moderno Robin Hood, toglie a tutti i medici i fondi contrattuali per il trattamento accessorio destinato alla valorizzazione della carriera dei professionisti per gli anni 2025 e 2026, pari a circa 200 milioni di euro, per darli esclusivamente al personale dell’emergenza-urgenza e delle reti tempo dipendenti. Occorre giustamente valorizzare il lavoro nell’emergenza-urgenza, ma lo si faccia stanziando fondi ad hoc, non togliendoli agli altri, con il rischio peraltro di innescare una guerra tra poveri.
Per non parlare dell’ennesimo tentativo di dipingere l’intramoenia come la causa delle liste d’attesa, prevedendone l’attivazione solo nel caso in cui le agende istituzionali siano piene, con l’unica conseguenza di ridurre ulteriormente l’offerta sanitaria e dunque di allungare i tempi di attesa. «Ci troviamo dinanzi a un deplorevole tentativo non solo di smantellare il nostro Servizio sanitario nazionale, ma anche di creare profonde divisioni tra il personale – dichiarano Pierino Di Silverio, Segretario nazionale ANAAO ASSOMED, e Guido Quici, Presidente Federazione CIMO-FESMED – dinanzi al quale non possiamo tacere e non possiamo restare fermi. Abbiamo già attivato ogni possibile strumento a nostra disposizione per evitare che tali emendamenti siano approvati, e confidiamo nell’attenzione e nelle competenze di alcuni parlamentari e forze politiche, ma nel caso in cui dovessero passare non escludiamo la possibilità di proclamare lo stato di agitazione e mobilitare i nostri iscritti, fino a promuovere il rifiuto di proseguire un minuto oltre il nostro orario di lavoro».
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