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Donne muoiono più d'infarto ma sottorappresentate nei trial

Cardiologia Redazione DottNet | 19/06/2025 14:24

Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Heart, che ha esaminato oltre 170 casi

Con meno del 30% del campione, le donne nelle sperimentazioni cliniche sulle malattie cardiovascolari a livello globale sono sottorappresentate rispetto agli uomini. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Heart, che ha esaminato oltre 170 studi. Una scarsità di partecipanti femminili che è peggiorata negli anni, passando dal 40% tra il 2010 e il 2017, a meno del 30% di oggi.   L'insufficienza di dati ha un grave impatto sulla cura delle malattie cardiovascolari femminili, che rappresentano la prima causa di morte tra le donne.   L'allarme arriva dalla fondazione 'Il cuore siamo noi' della Società italiana di cardiologia (Sic) che ha promosso, oggi in Senato, un convegno dedicato alle differenze di genere nel rischio cardiovascolare.

"I numeri parlano chiaro. Secondo i dati della Società europea di cardiologia, non solo le malattie cardiovascolari rappresentano oggi la principale causa di morte tra le donne, ma il tasso di mortalità è decisamente più alto, con il 51% dei decessi nel genere femminile, contro il 42% nel genere maschile", afferma Pasquale Perrone Filardi (nella foto), presidente della Società italiana di cardiologia.

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Molteplici fattori contribuiscono alla scarsa partecipazione femminile nei trial: mancanza di criteri di arruolamento specifici, legati anche alla minore presenza di donne alla guida degli studi clinici; timori di potenziali effetti negativi dei farmaci su gravidanza e menopausa; barriere socioeconomiche e culturali; percezione che le donne siano meno a rischio di malattie cardiache.   Da qui l'auspicio degli esperti per una maggiore attenzione alle differenze di genere. "Serve una maggiore consapevolezza sull'unicità biologica e ormonale della donna e l'impegno nella costruzione di un'attività di ricerca e di una medicina sempre più attentan alle specificità del genere femminile", dichiara Roberta Montisci, professoressa associata di cardiologia dell'Università di Cagliari.

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