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Sclerosi multipla e i batteri dell'intestino

Neurologia Redazione DottNet | 24/04/2025 21:05

ue membri della famiglia delle Lachnospiraceae residenti nell'intestino tenue potrebbero svolgere un ruolo come fattori scatenanti ambientali della malattia

Uno studio condotto da ricercatori dell'Istituto Max Planck per l'intelligenza biologica (Gemrania) suggerisce che due membri della famiglia delle Lachnospiraceae residenti nell'intestino tenue potrebbero svolgere un ruolo come fattori scatenanti ambientali della sclerosi multipla (SM). I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). La SM è una malattia infiammatoria demielinizzante del sistema nervoso centrale. Ampi studi basati sulla popolazione hanno rivelato che la SM è accompagnata da alterazioni nella composizione microbica intestinale, ma tali indagini hanno prodotto risultati discordanti e sono state in gran parte descrittive.

Hartmut Wekerle, Anneli Peters, Sergio E. Baranzini e colleghi hanno utilizzato un modello di trasferimento da uomo a topo per identificare i batteri intestinali correlati alla malattia isolati dall'intestino tenue di persone con SM. Gli autori hanno confrontato il microbiota di donatori geneticamente identici con o senza SM, hanno campionato enteroscopicamente il microbiota intestinale dall'intestino tenue di gemelli selezionati e hanno introdotto i campioni batterici di origine umana in topi predisposti a sviluppare una malattia simile alla SM.

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Il microbiota derivato dalla SM dall'intestino tenue ha indotto la malattia a tassi più elevati rispetto a materiale analogo proveniente da donatori gemelli sani. In particolare, gli autori hanno identificato Eisenbergiella tayi e Lachnoclostridium come agenti patogeni. Ulteriori analisi del materiale fecale di 81 coppie di gemelli monozigoti discordanti per la SM hanno rivelato un aumento di E. tayi nei gemelli con SM, rispetto ai gemelli sani. Se il potenziale del microbiota intestinale di favorire la SM fosse limitato a un taxon ben definito, la modificazione selettiva e non invasiva del microbioma potrebbe rappresentare una potenziale possibilità terapeutica, secondo gli autori.

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